LECTIO DIVINA SUL VANGELO domenicale - 28

 

8 maggio 2016 – Ascensione del Signore

Ciclo liturgico: anno C

 

Andate e fate discepoli tutti i popoli, dice il Signore.

Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo.

 

Luca 24,46-53            (At 1,1-11 - Salmo: 46 - Eb 9,24-28; 10,19-23)

 

 

Esulti di santa gioia la tua Chiesa, o Padre, per il mistero che celebra in questa liturgia di lode, poiché nel tuo Figlio asceso al cielo la nostra umanità è innalzata accanto a te, e noi, membra del suo corpo, viviamo nella speranza di raggiungere Cristo, nostro capo, nella gloria.

 

 

 

  1. Poi disse: "Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosé, nei Profeti e nei Salmi".
  2. Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture...
  1. In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno,
  2. e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme.
  3. Di questo voi siete testimoni.
  4. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall'alto».       
  5. Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse.
  6. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo.
  7. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia
  8. e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

 

Spunti per la riflessione

 

Tocca a noi

         Uomini di Galilea, perché continuate a guardare il cielo?

Sono stupiti e amareggiati, i discepoli. Il Maestro se ne va proprio ora che, infine, avevano capito il grande disegno di Dio su Gesù, proprio ora che, finalmente, avevano superato il dolore e si erano convertiti alla gioia! Proprio ora che, come nel finale in una bella commedia americana, tutto sembrava chiaro, lineare: il Regno era finalmente iniziato e Gesù avrebbe regnato con i suoi fedeli (?) apostoli per l’eternità.

E invece no.

Spiazzati, nuovamente.

Gesù torna al Padre, e affida l’annuncio del Regno ai discepoli.

Che storia.

Scambio sfavorevole

         Uomini di Galilea, perché continuate a guardare il cielo?

Quante domande la Parola rivolge al cercatore di Dio.

         Perché piangi, anima mia, perché su di me gemi?

         Perché cercate fra i morti uno che è vivo?

Dio ci interroga, ci scuote, ci invita ad andare oltre, a crescere, a credere.

No, non dobbiamo cercare in cielo il volto di un Dio che ha calpestato la terra.

Lo possiamo cercare là dove ha deciso, per sempre, di abitare: in mezzo ai fratelli più poveri, in mezzo alla comunità di coloro che credono nel Nazareno.

Paradosso insostenibile del cristianesimo!

Prima ci chiede di credere che il Dio invisibile si è fatto uomo.

Ora ci chiede di credere che il Dio accessibile si consegna nelle fragili mani di uomini peccatori e incoerenti!

Scambio sfavorevole: invece di incontrare il volto radioso e sereno del Maestro, incontriamo il volto rugoso e segnato dei cristiani…

E se, invece

Ma se, invece, Gesù avesse voluto dirci qualcosa di nuovo? Di inatteso? Se davvero nei progetti di Dio ci fossimo noi? Se, mettete il caso, davvero Gesù abbia (follemente) affidato l’annuncio del Regno alla Chiesa, peggio: a questa Chiesa?

Il nostro non è un Dio manager amministratore di una multinazionale del sacro che dirama le direttive e un numero verde per le emergenze, con gentili angeli che non danno mai risposte utili e fanno solo perdere tempo e pazienza, no.

Il Dio presente, il Dio in cui crediamo è il Dio che accompagna, certo, ma che affida il cammino del vangelo alla fragilità della sua Chiesa.

Il Regno sperato dagli apostoli occorre costruirlo, la nuova dimensione voluta dal Signore per restare nel mondo, non è una soluzione magica, ma è una dimensione pazientemente intessuta da ognuno di noi. È il tempo in cui dobbiamo rimboccarci le maniche.

Siamo noi, ahimè, il volto di Gesù per le persone che incontriamo sulla nostra strada…

Tu che leggi, fratello, sei lo sguardo di Dio per le persone che incontrerai.

Così il nostro Dio originale e spiazzante ha deciso.

E così davvero accade.

Il tempo della Chiesa

L’ascensione segna la fine di un momento, il momento della presenza fisica di Dio, dell’annuncio del vero volto del Padre da parte di Gesù, che professiamo Signore e Dio, con la rassicurazione, da parte di Dio stesso della sua bontà e della sua vicinanza nello sguardo di noi discepoli.

 

Ora è il tempo di costruire relazioni e rapporti a partire dal sogno di Dio che è la Chiesa: comunità di fratelli e sorelle radunati nella tenerezza e nella franchezza nel Vangelo.

Accogliamo allora l’invito degli angeli: smettiamola di guardare tra le nuvole cercando il barlume della gloria di Dio e – piuttosto – vediamo questa gloria disseminata nella quotidianità di ciò che siamo e viviamo.

La gloria di Dio, che abbiamo assaporato, siamo invitati a raccontarla, a renderla credibile ed accessibile, ben consapevoli che solo nel di più, nell’altrove riusciremo finalmente a realizzarla in pienezza.

Restiamo in città, non fuggiamo la disperante banalità dell’oggi, perché è lì che Gesù sceglie di abitare: nell’oggi, nel delirio confuso della mia città.

Cerchiamo Dio, ora, nella gloria del Tempio che è l’uomo, tempio del Dio vivente, smettiamola di guardare le nuvole, se Dio è nel volto povero e teso del fratello che incrocio.

Il Signore ci dice che è possibile qui e ora costruire il suo Regno. L’ascensione segna l’inizio della Chiesa, l’avvio di una nuova avventura che vede noi protagonisti in attesa del suo ritorno definitivo.

E se la Chiesa ci ha masticato, offeso, provato, combattiamo con più forza, imitiamo i santi che convertirono la Chiesa a partire da loro stessi.

Staremo ancora a naso in su a scrutare gli astri?

A implorare un intervento divino?

O non vedremo – piuttosto – la presenza di Dio tra i suoi discepoli, presenza segnata nella fatica dell’accoglienza, nella vita di fede, nel desiderio di un mondo più solidale da costruire giorno per giorno?

Ascendiamo, fratelli: smettiamola di fare i bambini devoti.

Dio – ora – ha bisogno di discepoli adulti, capaci di far vibrare il Vangelo nella vita, capaci di dire la fede in modo nuovo.

 

 

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L’Autore

 

Paolo Curtaz

Ultimogenito di tre fratelli, figlio di un imprenditore edile e di una casalinga, ha terminato gli studi di scuola superiore presso l’istituto tecnico per geometri di Aosta nel 1984, per poi entrare nel seminario vescovile di Aosta; ha approfondito i suoi studi in pastorale giovanile e catechistica presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma (1989/1990).

Ordinato sacerdote il 7 settembre 1990 da Ovidio Lari è stato nominato viceparroco di Courmayeur (1990/1993), di Saint Martin de Corlèans ad Aosta (1993/1997) e parroco di Valsavaranche, Rhêmes-Notre-Dame, Rhêmes-Saint-Georges e Introd (1997/2007).

Nel 1995 è stato nominato direttore dell’Ufficio catechistico diocesano, in seguito ha curato il coordinamento della pastorale giovanile cittadina. Dal 1999 al 2007 è stato responsabile dell’Ufficio dei beni culturali ecclesiastici della diocesi di Aosta. Nel 2004, grazie ad un gruppo di amici di Torino, fonda il sito tiraccontolaparola.it che pubblica il commento al vangelo domenicale e le sue conferenze audio. Negli stessi anni conduce la trasmissione radiofonica quotidiana Prima di tutto per il circuito nazionale Inblu della CEI e collabora alla rivista mensile Parola e preghiera Edizioni Paoline, che propone un cammino quotidiano di preghiera per l’uomo contemporaneo.

Dopo un periodo di discernimento, nel 2007 chiede di lasciare il ministero sacerdotale per dedicarsi in altro modo all’evangelizzazione. Oggi è sposato con Luisella e ha un figlio di nome Jakob.

Nel 2009 consegue il baccellierato in teologia presso la Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale di Milano con la tesi La figura del sacerdozio nell’epistolario di don Lorenzo Milani e nel 2011 la licenza in teologia pastorale presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma, sezione di Torino, con la tesi Internet e il servizio della Parola di Dio. Analisi critica di alcune omelie presenti nei maggiori siti web cattolici italiani.

Insieme ad alcuni amici, fonda l’associazione culturale Zaccheo (2004) con cui organizza conferenze di esegesi spirituale e viaggi culturali in Terra Santa e in Europa.

Come giornalista pubblicista ha collaborato con alcune riviste cristiane (Il Nostro Tempo, Famiglia Cristiana, L’Eco di Terrasanta) e con siti di pastorale cattolica.

Nel 1999 è stato uno dei protagonisti della campagna pubblicitaria della CEI per l’8x1000 alla Chiesa cattolica. Come parroco di Introd ha accolto per diverse volte papa Giovanni Paolo II e papa Benedetto XVI nelle loro vacanze estive a Les Combes, villaggio di Introd.

 

 

Esegesi biblica

 

L’Ascensione (24, 45-53)

 

Il Risorto “dischiude loro la mente per comprendere le Scritture” (24,45).

Senza l’intelligenza delle Scritture il discepolo può trovarsi accanto al Signore senza riconoscere chi Egli sia.

È la terza volta che l’evangelista ritorna su questo discorso (24,7.26.46). Qui però c’è una precisazione in più. Gli eventi rinchiusi nella divina necessità non sono due ma tre: la passione, la risurrezione, la predicazione a tutte le genti. Anche la missione è inclusa nella divina necessità, non è ai margini dell’evento cristologico, ma ne fa parte.

Destinatari dell’annuncio sono “tutte le genti”, dunque l’universalità più ampia possibile.

E l’annuncio deve avvenire “nel suo nome”, cioè, deve poggiare sulla sua autorità, non su altro.

Contenuto dell’annuncio è la conversione e il perdono. La conversione è in primo luogo la conversione della mente, una conversione teologica: il Crocifisso è rivelazione di Dio, non sconfitta.

Annunciare il perdono dei peccati è proclamare che l’amore di Dio è più grande del nostro peccato. Annunciare la Croce significa annunciare un Dio che perdona.

 

L’Ascensione conclude la storia evangelica ma nello stesso modo apre la storia della Chiesa (Atti 1, 9-11). Per Luca l’Ascensione ha un duplice significato:

 

a)    È un salire al Padre (“veniva portato verso il cielo”), precisando in tal modo che la risurrezione di Gesù non è un ritorno alla vita di prima, quasi un passo all’indietro, ma l’entrata in una condizione nuova, un passo in avanti, nella gloria di Dio.

 

b)      L’Ascensione è però descritta come un distacco, una partenza (“si staccò da loro”): Gesù ritira la sua presenza visibile, sostituendola con una presenza nuova, invisibile e tuttavia più profonda: una presenza che si coglie nella fede, nell’intelligenza delle Scritture, nell’ascolto della Parola, nella frazione del pane e nella fraternità.